lunedì 28 ottobre 2024

Profilo Instagram

Carissimi amici del West, ho deciso di sfruttare un po' di più il mio profilo Instagram (ammesso che ci riesca... non è che mi faccia impazzire come social) dove promuoverò i miei libri e inserirò ogni tanto qualche info sulla storia del West.

Il link è https://www.instagram.com/mario_raylan/ 

Se vi va, seguitemi e possibilmente, sempre se vi va, condividete, così che noi si possa divulgare sempre più la storia della Frontiera americana.

Grazie a tutti!

giovedì 24 ottobre 2024

Segnalazione di servizio: "La frontiera nella storia americana" riedito

Veloce segnalazione per i lettori: Il Mulino riedita, a cinquant'anni dall'ultima edizione in economica e a settanta dalla prima, il più grande classico storiografico sulla storia del West: La frontiera nella storia americana, di Frederick Jackson Turner. Originariamente pubblicato nel 1920, più e più volte discusso, analizzato e criticato dagli storici americani nel corso di questi cento anni, nonostante il tempo e alcune pecche rimane pur sempre la prima analisi su cosa fu la frontiera e su come influenzò il corso della storia americana e la fonte di formazione di tanti studiosi che ancora oggi o la criticano o ancora la tengono in conto per spiegare lo sviluppo della nazione statunitense. Da quest'opera, insomma, nacque la storiografia della frontiera e rimane dunque un lavoro imprescindibile anche per il semplice curioso.

Secondo Frederick J. Turner la storia americana è la storia della colonizzazione dell’Ovest e le istituzioni si sono sviluppate attraverso l’interazione con la frontiera, dove i coloni europei si sono adattati alla natura selvaggia e hanno organizzato la società in risposta alle sfide ambientali. L’interpretazione turneriana della storia americana come un’epopea di conquista e crescita, continua a suscitare dibattiti, aspre critiche e riflessioni sulla natura degli Stati Uniti. Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1920, può dunque essere letto come la più compiuta esposizione intellettuale delle origini di un nazionalismo americano che si distacca da quello europeo e si fonda su idee di libertà non sempre inclusiva, di espansione e di intraprendenza individuale. Leggere con gli occhi di oggi queste pagine aiuta a riflettere anche sui grandi assenti della teoria della frontiera di Turner: gli afroamericani, le donne e i nativi.

Link al sito dell'editore (dove trovate anche l'indice): https://www.mulino.it/isbn/9788815390806#

martedì 24 settembre 2024

"Piccolo catalogo illustrato delle armi del West": il mio nuovo libro!

Carissimi amici e appassionati del West, sono felice di comunicarvi che da oggi è disponibile il mio terzo libro! Si intitola Piccolo catalogo illustrato delle armi del West. Le pistole e i fucili che hanno conquistato la Frontiera americana e credo proprio che il titolo parli da solo: una cronologia di schede tecniche illustrate, seguite da introduzioni, curiosità e ricche appendici, che fa una ampia panoramica sulle armi da fuoco che raggiunsero i territori del West, dalla fine del Settecento ai primi del Novecento.
La novità più importante del libro è che si tratta di un lavoro realizzato a quattro mani, insieme a quelle di Enrico De Meo, giovanissimo illustratore catanese che apposta per questo volume ha realizzato in digitale le riproduzioni a piena pagina che accompagnano ogni scheda delle armi più iconiche, famose e anche curiose usate da soldati, sceriffi, guerriglieri, cacciatori di pellicce, semplici pionieri e finanche giubbe rosse canadesi e rurales messicani!
Il lavoro contenuto tra le due copertine (anzi quattro… e tra poco scoprirete il perché) del Piccolo catalogo illustrato delle armi del West è basato su quello che compone la parte sulle armi inclusa nel mio Piccolo prontuario del vecchio West: non un mero copia-incolla, però, perché i dati sono stati ampiamente rivisti, corretti, sistemati e soprattutto ampliati, anche con l’aggiunta di alcune nuove armi. Il tutto, poi, è corredato da due appendici: una di liste riassuntive e un’altra, molto ampia, che raccoglie le immagini dei brevetti originali e illustrazioni dell’epoca.
Infine, perché quattro copertine? Perché il Piccolo catalogo illustrato (oltre ad essere di grande formato, 21,6 x 28 cm) è disponibile in due rilegature differenti, brossura e copertina rigida, e con due copertine diverse.
Come il mio precedente libro, anche il Piccolo catalogo illustrato delle armi del West lo troverete solo su Amazon e solo in versione cartacea.
Spero che vi piacerà e che apprezzerete soprattutto il bellissimo lavoro di De Meo, che non solo ha cercato di riprodurre le armi fin nei minimi dettagli ma anche cercato di evocare l’aria del vecchio West!


SCHEDA DEL LIBRO

In una raccolta di agili schede, tutte accompagnate da una o più illustrazioni, gli autori raccontano le armi che conquistarono la Frontiera americana: nelle mani di soldati, cacciatori di pellicce, pistoleri, uomini di legge a nord e a sud del confine, cercatori d’oro, pionieri e giocatori d’azzardo, pistole e fucili diedero un grande contributo alla colonizzazione dell’immenso West. Lontano dall’essere una storia vera e propria, il Piccolo catalogo illustrato delle armi del West è un tentativo di sintesi sotto forma di brevi informazioni e aneddoti, una raccolta di vere e proprie schede, ma soprattutto di immagini, tutte curate nei minimi dettagli per offrire al lettore un “com’era” delle armi del West.

Spin-off del libro Piccolo prontuario del vecchio West, il Piccolo catalogo illustrato delle armi del West ne estrae la parte sulle armi, la aggiorna, la amplia e la corregge e la correda di splendide illustrazioni inedite realizzate appositamente, insieme a dettagli sul funzionamento, a utili liste riassuntive e di informazioni e ad un’intera sezione con le immagini dei brevetti originali e di disegni d’epoca.

Enrico De Meo (illustrazioni) e Mario Raciti (testi)
Piccolo catalogo illustrato delle armi del West
Le pistole e i fucili che conquistarono la Frontiera americana

189 pagine, formato 21,6 x 28 cm, copertina rigida e brossura
21,90 Euro (versione copertina in brossura), 25,90 Euro (versione copertina rigida)

Link all'acquisto (solo su Amazon)
 

Copertina della versione in brossura


Copertina della versione con copertina rigida

Esempio delle due pagine che compongono una delle schede





L'indice del libro

lunedì 9 settembre 2024

Place of Bones (2023) [recensione]

Una vedova e sua figlia, sperdute in un ranch desolato, raccolgono un pistolero ferito e scoprono che una banda di tizi poco raccomandabili lo sta inseguendo per vendetta.
Una trama così semplice e inflazionata nel western avrebbe potuto ancora dire la sua con un po’ di originalità… e l’avrebbe fatto, se questo Place of Bones non spruzzasse “very low budget” da tutti i pori! Ad una prima occhiata, tra trailer e scheda, non lo si direbbe… Heather Graham e Tom Hopper uno se li immagina garanzia di qualcosa di perlomeno più elevato, e invece…
Il film si trascina noiosamente fino al colpissimo di scena finale, che in sostanza ne è la trave portante e avrebbe svolto egregiamente il suo ruolo se non fosse che tutto quello che c’è prima fa sbadigliare e non contiene nulla di rilevante, se non alcuni dialoghi apparentemente fuori luogo ma che avranno il loro senso una volta giunto il colpo di scena. Purtroppo Place of Bones si alterna tra scenografie e costumi decenti e credibili (nelle scene all’interno della casa) e scenografie e costumi da palmo in fronte (in tutte le altre), ma tutto ciò non è neanche la cosa peggiore, la quale corrisponde all’iniezione letale dei film moderni: e cioè agli spari FINTI! Una cosa che fa rabbrividire fin nelle ossa, un’aberrazione cinematografica che andrebbe estirpata e che ucciderebbe persino capolavori immortali come Il buono, il brutto, il cattivo o Sentieri selvaggi o Il mucchio selvaggio! È proprio così, purtroppo, e non riesco a capire perché produttori, registi e montatori non se ne accorgano, non si accorgano del fatto che questa disgrazia degli effetti speciali (unita, ovviamente, anche alle conseguenze dello sparo, ossia buchi di pallottola, schegge di legno, polvere che si alza, e all’uso di armi visibilmente posticce) è un colpo alla nuca per qualsiasi film. Place of Bones non sarebbe stato comunque tutto sto granché, ma il colpo di scena l’avrebbe un po’ sollevato, se non altro togliendo allo spettatore la sensazione di aver buttato un’ora e mezza del suo tempo… e invece già il primo sparo finto ne decreta una morte non bella.
In tutta onestà, alla fine, questo western mi è sembrato anche uno spreco dell’“utilizzo” di due attori che non mi dispiacciono affatto, i già citati Tom Hopper (al suo primo western) e Heather Graham (con due western negli ultimi tre anni, e un altro – con Nicolas Cage – in arrivo il prossimo anno), la quale peraltro qui se la cava egregiamente e dimostra di starci bene in questo genere.

lunedì 22 luglio 2024

The Dead Don't Hurt (2023) [recensione]

Un film che prometteva bene sia quando uscì la notizia che a scriverlo, dirigerlo e interpretarlo ci sarebbe stato Viggo Mortensen, sia soprattutto quando venne diffuso il trailer. Ma The Dead Don’t Hurt è purtroppo un altro caso di aspettative leggermente deluse. La storia è quella di un cowboy di origini danesi che incontra una ragazza (canadese?) di origini francesi (la dolcissima Vicky Krieps) e la porta con sé a vivere in un minuscolo ranch nel Nevada, dove la cittadina più vicina è spaventata da un ranchero e da suo figlio. Il cowboy (Mortensen) dovrà poi partire per combattere nella Guerra civile e la situazione al ranch diventerà drammatica…

A conti fatti il film la sufficienza piena la raggiunge anche grazie alle splendide e curate scenografie e alla limpida fotografia, ma è abbastanza lontano da un western classico come, per restare in tema Mortensen, è Appaloosa. Per la maggior parte si tratta di un romance con una spruzzatina di film di vendetta, che è capitato essere ambientato nel West nel periodo della Guerra civile. Ma la cosa buona, tuttavia, è che come romance sta ben lontano dal cadere nella melensaggine e quindi risulta assolutamente fruibile anche dagli allergici al miele come il sottoscritto. Tra l’altro il film è curiosamente impostato (e montato) su tre piani narrativi differenti (il trapassato, il passato – che dovrebbe essere quello con più minutaggio, quindi la vicenda principale del film – e il presente) quindi ci sono flashback e flashforward che si incrociano (o, se riteniamo che la vicenda principale sia quella del presente, solo flashback) e che necessitano di un po’ di attenzione e di qualche supposizione in corso di visione per capire come sono intrecciati. Ma poi tutto diventa chiaro e, pur con una certa flemma, il film prosegue fino ad un finale abbastanza prevedibile.
 
L’intero risultato è comunque non disprezzabile affatto: buonissimo il cast, ottime le interpretazioni e curato tutto l’aspetto visivo del film (interni, esterni, costumi, armi, ecc.), insomma visivamente è un bel vedere. Forse tale cura avrebbe meritato una storia diversa (attenzione: diversa, non migliore) ma se Mortensen l’ha voluta così allora tanto di cappello, anche perché stiamo parlando pur sempre di un’alta produzione americana, mica delle robe italiane che vengono spacciate per film.
 
Da parte mia, The Dead Don’t Hurt si becca un bel 6 pieno, finanche un 6+. Alla fine della fiera, lo consiglio.