C'era una volta il western... sì, quello del pistolero tormentato che si lascia alle spalle piombo e sangue e trova una nuova strada lontano da sparatorie e morti violente. Ma poi, vessato e provocato, riprende in mano le Colt e fa una strage... Come Il cavaliere della valle solitaria. Come Gli spietati. Come tantissimi altri western che, tra cinema e letteratura, hanno raccontato questo canovaccio fin dalla nascita del genere.
Forsaken è questo. È il western moderno che si rifà spudoratamente al western classico che più classico forse non ce n'è. Diretto da Jon Cassan (specializzato in serie tv come 24, Person of interest, Fringe) e interpretato da una coppia di grandissimi attori del calibro di Donald Sutherland (al suo secondo western dopo quell'immane cavolata di Dawn Rider) e Kiefer Sutherland (qui al suo terzo western dopo i due Young Guns girati da giovanissimo), Forsaken prende a pienissime mani dal secchio degli stereotipi più comuni del western e modella una storia che sembra uscita dritta dritta dalla penna di Louis L'Amour, tanto che c'è pure l'immancabile figura femminile (una Demi Moore ormai sciupata, qui al suo primo western) innamorata del protagonista/eroe.
Il cattivo? Ovviamente il boss locale che tiene in scacco il villaggio (abitato da vigliacchi) e fa sgombrare i coloni uccidendoli, per comprarne poi la terra dalle loro vedove! Vi ricorda qualcosa? Già solo Tex ci ha propinato questo personaggio un'infinità di volte, declinato in tutte le salse...
Insomma, abbiamo questo Kiefer che torna dalla guerra tormentato da qualcosa di tragico, giurando di non impugnare più una pistola, ma i contrasti col padre (reverendo e uomo di Dio) e con i bulli locali (a soldo del boss, ovviamente) lo costringono presto o tardi a riprendere in mano i cannoni e a fare pulizia. Nel mezzo c'è pure qualche accenno a pentimenti, porgi l'altra guancia, le vie del Signore sono infinite, ecc. Fine.
Forsaken non lascia nulla all'immaginazione, specialmente allo spettatore più smaliziato o già navigato nel genere western. Ripeto, e lo farei all'infinito, qui siamo praticamente davanti ad una storia di L'Amour rifatta sullo schermo. Non si sgarra di una virgola, di un personaggio, nemmeno di un sentimento o di una psicologia. Non mi viene difficile pensare che lo sceneggiatore, Brad Mirman (non proprio un premio Oscar, a giudicare dalla sua filmografia), abbia preso più che ispirazione dal famoso e prolifico scrittore western. Non che ciò sia un male, ci mancherebbe. Alla fine Forsaken funziona forse proprio per questo. Personalmente ho decisamente gradito l'idea di Cassan di fare un western canonico, rifacendosi ad un canovaccio di sicuro non originale ma che riporta sullo schermo l'aria dei vecchi tempi. I due Sutherland (per la prima volta insieme in un film) sembrano a loro agio nei ruoli, Donald con la faccia giusta per il reverendo tutto d'un pezzo e Kiefer forse meno per quella dell'infallibile pistolero roso dai sensi di colpa e costretto a rifuggire dalla violenza per non dare dispiacere al padre (subendo di conseguenza umiliazioni su umiliazioni), ma entrambi funzionano senz'altro anche se ci si aspettava qualcosa di meno superficiale nelle scene dove si scontrano; c'è anche Michael Wincott (bello rivederlo nel West dopo uno dei western più belli degli ultimi 20 anni, Caccia spietata) nel ruolo di un gambler damerino (e dai con gli stereotipi!) amico/un po' nemico di Kief, mentre nella norma il cattivo (Brian Cox) e i suoi sgherri. Anche la regia è molto canonica e non esce fuori dalle righe, regalandoci incantevoli scorci di natura (canadese, ovviamente) e mantenendosi anch'essa sul classico, così come la fotografia di Rene Ohashi, pulita e coerente. Non sgarrano nemmeno i costumi, le scenografie e le armi, con addirittura la presenza di un revolver LeMatt, forse per la primissima volta visto in azione in un western!
Forsaken è un film che si ama o si odia, non ci sono mezze misure. È vero, i personaggi sono un po' ritagliati con l'accetta e hanno la struttura stereotipa, la trama è stra-abusata, il film è un continuo déjà vu e sicuramente c'è pochissima azione, ma è ben recitato, ben diretto e ha il pregio di rievocare il western dei tempi andati.
Non l'ho ancora visto, ma vedrò di recuperarlo. Le recensioni dagli States, dopo Toronto, non erano malvage. Rifare i cliché, specie nel western, non per forza è un male. REcentemente mi è capitato di vedere 'The Salvation' e, prima ancora, 'Sweetwater'. Ecco, con l'intenzione di innovare (stilisticamente il primo, contenutisticamente il secondo) sono riusciti solo a creare ibridi che scontentano un po' tutti, salvo forse i difensori dell'originalità per partito preso. Razza di cui bisogna diffidare. Sempre.
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