“Quegli uomini non mi hanno lasciato niente. Ma io gli lascerò ancora meno.”
Nella valle della violenza (In a Valley of Violence) è il secondo film non horror del regista Ti West. Famoso per le raccapriccianti visioni di La casa del diavolo, The Innskeeper, Cabin Fever 2 e V/H/S, il giovane regista americano ha voluto coronare un sogno e ha girato questo western atipico, diverso rispetto ai “classici” che sono usciti nell’ultimo periodo.
Intendiamoci, la trama è banalissima: lo straniero che in città si scontra con il boss locale, viene quasi ammazzato e ritorna per vendicarsi. Voi direte che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, giusto? E invece vi sbagliate. A cominciare, ed è importante segnalarlo, dal cast totalmente inedito per il western. Il protagonista è Ethan Hawke, che anche se ha girato I magnifici sette in realtà Nella valle della violenza è il suo primo western, in quanto girato prima del film di Fuqua; gli antagonisti sono John Travolta al suo primissimo western (a 60 anni!) e James Ransone che bissa lo sconosciuto The Timber; e i personaggi di contorno sono Tessa Farmiga e Karen Gillan, due sorelle che gestiscono l’albergo, anch’esse nuove per il genere.
Poi c’è il regista, anzi nel nostro caso il regista/sceneggiatore/montatore. Ti West, che viene dalla sua nomea di autore prettamente horror, ha dichiarato di aver voluto cambiare aria e provare a fare qualcosa di diverso. Nella valle della violenza è qualcosa di diverso anche all’interno dello stesso genere western. Niente di trascendentale, si capisce, ma contiene quei due o tre innesti che lo fanno spiccare (nel bene e nel male) tra gli altri. Per esempio West (nomen omen) gioca tutta la faccenda sull’umorismo. Il film, nonostante sia abbastanza violento, si adagia su una base di costante senso di commedia: la cagnetta che accompagna il protagonista, la proprietaria dell’albergo che non solo parla a fiumi ma anche in velocità 1000x, gli incontri con il prete, un buon numero di dialoghi… È un’atmosfera sardonica che gioca sul filo dell'humor (anche nero) ma non sfocia mai nella comicità pura, rimanendo nel solco tra il serio e il faceto, senza però (e qui sta la bravura di West) prendere il sopravvento su una faccenda che vuole essere, ed è, la storia di una vendetta.
All’estremo opposto, poi, c’è quello che il regista non ha potuto (direi non ha voluto) evitare, ossia lo spruzzo di horror: come ha dichiarato Jason Blum, il produttore, «C’è un po’ di horror nel film. Una goccia». Ve ne accorgerete, e vi accorgerete soprattutto di una breve scena girata in modo decisamente nuovo per il genere.
Per il resto Nella valle della violenza è un western puro: John Travolta interpreta benissimo un marshal con una gamba di legno, autoritario e intelligente; è stato un vero piacere vederlo in questo ruolo, con i baffoni, i capelli lunghi e lo Stetson, anche se ci ha pensato un po’ tardi. Hawke è uno straniero, un ex soldato col classico passato oscuro alle spalle, la cui unica compagnia è quella di una simpatica cagnetta di nome Abbie; anche qui il personaggio di Hawke (che ha una faccia perfetta per il western) è canonicissimo e, secondo alcune considerazioni, è liberamente ritagliato su quello di Clint Eastwood in Lo straniero senza nome. Ed effettivamente, a seguire tutta la vicenda, non è difficile notare alcune analogie con il bel film di Clint. A chiudere il cast c’è, come detto, James Ransone, che interpreta il figlio di Travolta, un bullo violento e pieno di sé; e Tessa Farmiga e Karen Gillan, buona e dolce la prima quanto insensibile e cinica la seconda.
Nella valle della violenza si presenta dunque come un western classico, con tutti gli elementi al posto giusto, anche se la visione d’insieme rivela una patina di “povertà”: i pochi personaggi, le location ristrette (è un western urbano), la trama stessa che è striminzita e si dipana con una lentezza quasi fastidiosa. Anche per essere un film di vendetta è decisamente povero di azione, lo spettatore si aspetta chissà cosa invece West risolve tutto col freno a mano tirato, ma fa tutto senza nessuna forzatura e col gusto del classico. La fotografia è standard, un po’ pallida ma luminosa, così come i costumi e le armi, che sono poche e lasciate all’inerzia della canonicità (Colt e Winchester, ma Hawke usa una Smith e Wesson e uno Springfield Trapdoor).
Da segnalare, invece, la bellissima e azzeccata colonna sonora di Jeff Grace, classicheggiante con i tipici fischi da spaghetti western e molto evocativa (rarissimo caso, visto che i western recenti non hanno più colonne sonore da western ma ormai anonime musiche troppo moderne), e i titoli di testa: grafica di un rosso sparato, a forti contrasti e con le silhouettes di uomini a cavallo e pistole, anche questi in tipico stile spaghetti western (c'è pure il suono dello sparo!).
Nella valle della violenza timbra il cartellino del western, rimane un po’ e poi passa oltre. È un film che si guarda con piacere ma col senno di poi lascia il dubbio che si sarebbe potuto fare di più, specialmente con la coppia di attori che l’hanno interpretato. Vale comunque la pena guardarlo per la giusta dose di serio e divertente che lo contraddistingue, ma non solo: attori in spolvero, colonna sonora che finalmente riaccende il genere e una certa atmosfera da western d'altri tempi.
Non sono un fan del regista, nel mio blog gli ho stroncato pesantemente gli ultimi due film, ma qui mi ha divertito: è un classicone che si lascia guardare ed Ethan Hawke è sempre bravo. Strepitoso Travolta, davvero inaspettato per me ;-)
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