Terre desolate (Into the Badlands, 1991) è uno sconosciutissimo western televisivo, che da noi è come se non fosse mai esistito (il titolo italiano fa supporre che sia stato doppiato e, in qualche remota ora notturna di un giorno imprecisato, anche trasmesso in tv). In realtà si tratta di un gioiellino che mescola un solido western con una decisa e impeccabile atmosfera horror. Bruce Dern, nei panni del barbuto cacciatore di taglie T.L. Barston, è la voce narrante dei tre episodi che compongono il film (diretto da Sam Pillsbury): nel primo, Dylan McDermott è un ricercato che si innamora di una prostituta tubercolotica (la carinissima Helen Hunt) e progetta con lei la sua fuga verso il Messico. Quest’episodio ha la lentezza del film romantico e il finale con colpo di scena dal vago, vaghissimo sapore “misterico” più che horror, ed è il più debole dei tre.
Il secondo episodio è la storia di una lunga notte di due donne pioniere rimaste intrappolate in casa da una tormenta di neve. Mariel Hemingway va a far visita alla vicina Lisa Pelikan, che è da poco giunta dall’Est ed è convinta che il marito la tradisca con l’ospite. Cade quindi in una febbre delirante, credendo che i lupi assedino la piccola baracca di tronchi. La Hemingway, bellissima e bravissima nella parte di una pioniera forte e coraggiosa, dovrà difendere entrambe da questi presunti lupi… Un racconto intenso, con dialoghi e messa in scena dal sapore teatrale (due personaggi che interagiscono in un unico ambiente), totalmente slegato dalla già quasi invisibile trama del film, ma che riesce a creare un’atmosfera di follia e dubbio, mostrandoci di traverso anche come dovevano patire solitudine e miseria le povere donne dei pionieri.
L’ultimo episodio è senz’altro il più interessante, dove vediamo finalmente Bruce Dern come protagonista. Ucciso un ricercato a cui dava la caccia da giorni, Dern arriva a White Rock solo per scoprire che è una città fantasma e che i suoi quattro abitanti vogliono impedirgli di riscuotere la taglia dell’uomo ucciso, che era anche un loro amico. Quest’episodio rende il film circolare, concludendolo com’era iniziato e così rispondendo a cosa e chi realmente è il personaggio di Dern.
Insomma, Into the Badlands è un tipico western che si fregia dell’horror, anche se di questo genere visivamente c’è ben poco, perché è tutto giocato sull’atmosfera. Il regista in ogni modo ha fatto un lavoro davvero eccellente sia nel riprodurre il vecchio West – attraverso ambientazioni, facce e inquadrature davvero efficaci – sia nel creare tutta un’aria lugubre, sporca, cattiva, un po’ gotica e un po’ malsana, anche un po’ noir per via della voce di Dern fuori campo, a raccontare e commentare i fatti. C’è poi il finale, netto, che oltre a essere un colpo di scena è anche, per quel che rivela, tipicamente horror.
Provate a recuperarlo in rete, visto che, come dicevo, è introvabile in italiano e quasi altrettanto in originale (pur essendo in commercio il dvd, ma da noi non è possibile visionarlo con i lettori dvd tradizionali). La versione che ho visto io era in streaming con i sottotitoli in inglese. Ne vale la pena.
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