mercoledì 22 giugno 2022

Il giorno dei lunghi fucili (The Hunting Party, 1971)

Tra i western non certo memorabili di Gene Hackman spunta sicuramente Il giorno dei lunghi fucili, una sorta di storia d'amore tra Melissa (una Candice Berger imbarazzante per quanto è bella), moglie insoddisfatta del sadico ranchero Brandt (Gene Hackman), e Frank (Oliver Reed), bandito in fuga insieme alla sua banda di rapinatori e ladri di bestiame. Quest'ultimo rapisce la donna, maestrina del paese, con lo scopo di farsi insegnare a leggere, ma durante la fuga si innamoreranno mentre Brandt li insegue da lontano con un gruppo di amici cacciatori ansiosi di provare un nuovo tipo di fucile da caccia capace di colpire fino a 800 metri (da qui lo stupido titolo italiano).
Il film sembra partire deciso ma senza particolari strombazzamenti però alla lunga finisce per diventare quasi intollerabile per l'estrema dilatazione dei tempi e dei raccordi tra le scene, imbalsamato nelle sue quasi due ore di durata. In sostanza tutta la pellicola si riduce a scene di sparatorie d'enorme violenza dove Brendt e i suoi bersagliano la banda di Frank da lontano, sterminando i fuggiaschi uno per uno, finchè questi non riescono a sganciarsi per ricominciare l'inseguimento fino al prossimo punto di sosta.
Più che l'interesse per la storia tra Frank e Melissa, il cui punto decisamente a favore è che non cade mai nel melodramma, ciò che si nota di più ne Il giorno dei lunghi fucili è il fatalismo e soprattutto la violenza, mutuata (insieme alle location delle riprese) dagli spaghetti western che in quegli anni (1971) hanno gli ultimi sussulti a cui si sovrappongono le prime parodie che costituiscono il tramonto del genere. Il fatalismo e la violenza del film, diretto da Don Medford, regista esclusivamente televisivo (solo 3 film per il cinema girati), sono ben evidenti non solo dalle uccisioni e dal carattere di Brandt, che risulta ben peggiore dei fuorilegge a cui dà la caccia, ma dal modo in cui le persone muoiono, con la loro sofferenza sempre in primo piano, e dall'amarissimo finale, che forse è una delle poche cose che funzionano nel film.
La storia d'amore, così leggera com'è e su cui dovrebbe ruotare la vicenda dell'intero film, funziona molto bene così come il finale, che effettivamente è la conclusione più coerente rispetto a tutto quello che succede: il film sarebbe dovuto durare una mezz'ora di meno per poter essere più incisivo e soprattutto meno noioso.

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