giovedì 8 dicembre 2022

"That dirty black bag": di quale ritorno dello spaghetti western stiamo parlando?

Acclamato come il grande ritorno dello spaghetti western, That dirty black bag (TDBB) si rivela invece l’ennesima occasione sprecata per fare un buon solido western. Nata da un film indipendente del 2015, Quella sporca sacca nera, diretto da Mauro Aragoni, TDBB si è ritrovata un cast, una co-regia e una co-produzione internazionali ma lasciando allo stesso regista e ad altri autori italiani la sceneggiatura. E si vede. Se la base della vicenda è la ricerca di vendetta da parte di Red Bill (interpretato da Douglas Booth) che ad un certo punto si vede ostacolato dallo sceriffo Arthur McCoy (il bravissimo Dominic Cooper), tutto il resto è pieno di personaggi e vicenducole che girano intorno alla cittadina di Greenvale e che sostanzialmente servono soltanto a fare mucchio, visto che – almeno nella prima stagione, ma ne sono già state pianificate tre – quelle che si concludono (per esempio la sottotrama legata alla tenutaria del bordello, Eve) alla fine della fiera aggiungono nulla al filone principale. Inoltre, visto che noi italiani dobbiamo sempre dimostrare di avercelo più grosso degli altri, si sono volute aggiungere venature mistico-horror del tutto gratuite e incomprensibili (ricorrente è il simbolo dell’occhio, e inoltre si prospetta quello che sembra essere un sacrificio umano) e scene che non portano a niente (che fine hanno fatto le prostitute, compresa Symone diventata una specie di scout per il cattivo? Cosa c’entrava la scena del pastore-macellaio? Se la trama verte sullo scontro tra Red Bill, Bronson e McCoy, cosa cavolo c’entra la faida tra Thompson e il contadino più idiota dell’universo? E la storiellina tra quest’ultimo ed Eve? Se si volevano raccontare queste storie bastava fare un’altra serie tv e chiamarla Greenvale…).
Le uniche cose positive di TDBB sono le scenografie, che riportano le macchine da presa nuovamente nei deserti dell’Almeria spagnola a riprendere quei luoghi che hanno fatto grande il western all’italiana, e, nonostante tutto, un certo ritmo che comunque permette di seguire piacevolmente gli otto episodi di questa prima stagione. Tuttavia, se c’è un’altra cosa in cui TDBB ha fallito completamente è quella dell’atmosfera: non basta girare in Almeria per considerare qualcosa un western all’italiana, perché le sensazioni che trasmettevano gli spaghetti western quelli veri non sono più replicabili e molto probabilmente non lo saranno mai.
L’aspetto vergognoso lo lascio per ultimo: una serie tv mezza italiana, pensata e scritta da italiani, con un cast internazionale, ma che non esce in Italia (almeno finora, a circa nove mesi dalla sua trasmissione nei paesi anglofoni), è veramente un’assurdità. Evidentemente “il rilancio dello spaghetti western” (che, ricordiamolo, è per il 90% e più italiano) è solo quando conviene.

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