domenica 5 maggio 2019

"Gunfighter. Uomini violenti" di Stefano Di Marino [recensione]

La pubblicazione di Gunfighter. Uomini violenti era stata preceduta da un racconto, apparso nell'antologia Sangue selvaggio e intitolato "Bad Lands", che introduceva il personaggio di Ray Hogan, protagonista di entrambe le storie. Ma se nel racconto Hogan si trova ad attraversare un deserto infestato da indiani cannibali, in un incrocio tra il western e l'horror, in Gunfighter viene calato in una vicenda tipicamente western con varie declinazioni nell'avventura. Del resto l'autore, Stefano Di Marino, è sicuramente lo scrittore italiano contemporaneo che meglio rappresenta l'Avventura all'interno delle pagine stampate.
Nell'Arizona delle guerre tra esercito e indiani Apache, Ray Hogan dovrà fare buon viso a cattivo gioco e togliere le castagne dal fuoco alla Pinkerton se non vuole essere condannato alla forca. E così tra Arizona e Messico, tra rurales e Buffalo Soldiers, il pistolero si infiltrerà nelle bande che commerciano fucili con gli indiani e cercherà di porre fine agli sporchi giochi di potere e alle atrocità del capo indiano Nantagira.
Nel corposo volume scorrono pagine piene di azione e avventura, con Hogan che in alcuni punti sembra una sorta di 007 calato in epoca western. La vena avventurosa "esotica" di Di Marino è evidentemente impossibile da nascondere e infatti riappare in tutta la parte ambientata in Messico, ma non aggiungo altro per non rovinarvi la lettura. Gli Apache appaiono in tutta la loro ferocia, come ben hanno insegnato film come Nessuna pietà per Ulzana, e con il loro carico di fughe tra le montagne e fulminee battaglie con gli eserciti americano e messicano. Tutta la realtà storica è peraltro ben ricamata tra le maglie della trama, anche se in alcuni punti (specie nella prima parte del romanzo) forse si ammassa un po'. Ma la lettura scorre veloce e piacevole, come sempre accade con i lavori di Di Marino, trasportati negli ambienti più diversi della Frontiera, sulle orme ora di Hogan ora di Nantagira o dei comancheros, sia messicani che gringo.
In mezzo alle tante cose buone del romanzo, tuttavia, spiccano purtroppo i numerosissimi refusi che fanno precipitare il piacere della lettura sotto zero, in una sequenza di picchi e depressioni che, sebbene rapiti dalla vicenda narrata, lascia frustrati.
Nonostante ciò, comunque, non posso non consigliare questo romanzo, in virtù di una storia classica western che ha davvero il sapore di quei romanzi degli anni Settanta dove la trama era sempre in movimento, il ritmo veloce e i protagonisti sempre tra l'incudine e il martello. Gunfighter ne è un esempio che merita decisamente la lettura.

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