lunedì 22 luglio 2024

The Dead Don't Hurt (2023) [recensione]

Un film che prometteva bene sia quando uscì la notizia che a scriverlo, dirigerlo e interpretarlo ci sarebbe stato Viggo Mortensen, sia soprattutto quando venne diffuso il trailer. Ma The Dead Don’t Hurt è purtroppo un altro caso di aspettative leggermente deluse. La storia è quella di un cowboy di origini danesi che incontra una ragazza (canadese?) di origini francesi (la dolcissima Vicky Krieps) e la porta con sé a vivere in un minuscolo ranch nel Nevada, dove la cittadina più vicina è spaventata da un ranchero e da suo figlio. Il cowboy (Mortensen) dovrà poi partire per combattere nella Guerra civile e la situazione al ranch diventerà drammatica…

A conti fatti il film la sufficienza piena la raggiunge anche grazie alle splendide e curate scenografie e alla limpida fotografia, ma è abbastanza lontano da un western classico come, per restare in tema Mortensen, è Appaloosa. Per la maggior parte si tratta di un romance con una spruzzatina di film di vendetta, che è capitato essere ambientato nel West nel periodo della Guerra civile. Ma la cosa buona, tuttavia, è che come romance sta ben lontano dal cadere nella melensaggine e quindi risulta assolutamente fruibile anche dagli allergici al miele come il sottoscritto. Tra l’altro il film è curiosamente impostato (e montato) su tre piani narrativi differenti (il trapassato, il passato – che dovrebbe essere quello con più minutaggio, quindi la vicenda principale del film – e il presente) quindi ci sono flashback e flashforward che si incrociano (o, se riteniamo che la vicenda principale sia quella del presente, solo flashback) e che necessitano di un po’ di attenzione e di qualche supposizione in corso di visione per capire come sono intrecciati. Ma poi tutto diventa chiaro e, pur con una certa flemma, il film prosegue fino ad un finale abbastanza prevedibile.
 
L’intero risultato è comunque non disprezzabile affatto: buonissimo il cast, ottime le interpretazioni e curato tutto l’aspetto visivo del film (interni, esterni, costumi, armi, ecc.), insomma visivamente è un bel vedere. Forse tale cura avrebbe meritato una storia diversa (attenzione: diversa, non migliore) ma se Mortensen l’ha voluta così allora tanto di cappello, anche perché stiamo parlando pur sempre di un’alta produzione americana, mica delle robe italiane che vengono spacciate per film.
 
Da parte mia, The Dead Don’t Hurt si becca un bel 6 pieno, finanche un 6+. Alla fine della fiera, lo consiglio.

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