A conti fatti il film la sufficienza piena la raggiunge anche grazie alle splendide e curate scenografie e alla limpida fotografia, ma è abbastanza lontano da un western classico come, per restare in tema Mortensen, è Appaloosa. Per la maggior parte si tratta di un romance con una spruzzatina di film di vendetta, che è capitato essere ambientato nel West nel periodo della Guerra civile. Ma la cosa buona, tuttavia, è che come romance sta ben lontano dal cadere nella melensaggine e quindi risulta assolutamente fruibile anche dagli allergici al miele come il sottoscritto. Tra l’altro il film è curiosamente impostato (e montato) su tre piani narrativi differenti (il trapassato, il passato – che dovrebbe essere quello con più minutaggio, quindi la vicenda principale del film – e il presente) quindi ci sono flashback e flashforward che si incrociano (o, se riteniamo che la vicenda principale sia quella del presente, solo flashback) e che necessitano di un po’ di attenzione e di qualche supposizione in corso di visione per capire come sono intrecciati. Ma poi tutto diventa chiaro e, pur con una certa flemma, il film prosegue fino ad un finale abbastanza prevedibile.
L’intero risultato è comunque non disprezzabile affatto: buonissimo il cast, ottime le interpretazioni e curato tutto l’aspetto visivo del film (interni, esterni, costumi, armi, ecc.), insomma visivamente è un bel vedere. Forse tale cura avrebbe meritato una storia diversa (attenzione: diversa, non migliore) ma se Mortensen l’ha voluta così allora tanto di cappello, anche perché stiamo parlando pur sempre di un’alta produzione americana, mica delle robe italiane che vengono spacciate per film.
Da parte mia, The Dead Don’t Hurt si becca un bel 6 pieno, finanche un 6+. Alla fine della fiera, lo consiglio.
Nessun commento:
Posta un commento