martedì 12 luglio 2011

Intervista a Stefano Jacurti!


L’abbiamo visto in Inferno Bianco, western indipendente girato sulle nevi del Gran Sasso, e l’abbiamo letto trovandolo in un Baule nella prateria e guardandolo farsi ammazzare da Clint Eastwood nella raccolta poetica Avrei voluto essere ucciso da Clint Eastwood. Ora è la volta di leggerlo in presa diretta, dalla sua viva voce di attore, regista, sceneggiatore e scrittore. Stiamo parlando di Stefano Jacurti, amico di Western Campfire, che ci ha concesso l’onore di una lunga intervista in esclusiva per il blog dove si racconta come autore di film e scrittore di narrativa.

Lasciamogli la parola, ne vedremo delle belle!




Intervista di Mario Raciti - Grazie a Stefano Jacurti per le foto



Innanzitutto, caro Stefano, lascia che ti esprima tutta la mia gratitudine per avermi dato la possibilità di intervistarti, e benvenuto su Western Campfire!
Cominciamo subito: come nasce lo Stefano Jacurti regista e attore, e come nasce quello scrittore di narrativa?

Grazie a te e a Western Campfire, un punto di riferimento in rete per tutti gli appassionati.
Permettimi subito una parentesi importante: un pensiero per George McAnthony  cantante country molto amato scomparso a soli 45 anni proprio in questi giorni. E’ stato un grande, nessuno lo dimenticherà.
Tornando al nostro incontro è un piacere essere qui. Lo Stefano Jacurti attore nasce molti anni fa... ho cominciato con gli amici, così per gioco. Mi divertivo, ci divertivamo, sicuramente un periodo bello della vita, poi presi la mia strada, mi iscrissi a una scuola di recitazione e cominciai a teatro con Isabella del Bianco e Cristiano Censi, poi altri stage. Però è solo un riassunto, non penso di essere diventato chissà chi, ma è anche vero che in tanti anni qualcosa avrò pur fatto e imparato perché ho sempre lavorato sodo. C'è stato molto teatro all'inizio, la cosa è proseguita per anni sopratutto come attore.
Credo che prima o poi ci si debba misurare con una regia, al di là di quante se ne faranno dopo perché è una esperienza importante che aiuta a vedere le cose in un’altra prospettiva e così è accaduto a teatro e come filmaker per diverse volte.
Lo scrittore invece nasce nel 2003, un anno davvero speciale, non avrei mai pensato di scrivere per la narrativa, invece è esploso tutto in un botto.
Ricordo i racconti scritti di notte… scrivevo, ridevo come un matto, sogghignavo, piangevo, gioivo, soffrivo come un cane.
Ho vissuto la scrittura in modo viscerale, quel western che amo a 360 gradi. Ovviamente dietro a un autore c'è sempre qualcosa che lo riguarda  ma è chiaro che a ogni riga che scrivo non corrisponde la realtà, altrimenti sarebbe una sorta di autobiografia e il tutto diventerebbe un diario dove la fantasia cesserebbe di esistere. Tra l’altro sarà banale dirlo, se fosse tutto vero quello che scrivo sarei già nelle patrie galere da tempo, visto la quantità di morti ammazzati nei miei racconti.
Sto scherzando, a volte ci vuole un po’ di ironia.

Stefano Jacurti a cavallo durante le riprese di "Inferno bianco"


Guardando Inferno bianco e leggendo i tuoi libri di narrativa si coglie alla perfezione la passione sfrenata per il West. Puoi raccontarci com'è nata questa passione?

L’inizio scatenante lo devo tutto a mio padre Luigi, Gino per gli amici.
E’ stato lui a trasmettermi la passione per il west con il fort Apache di legno regalato alla befana, le pistole giocattolo, la preparazione in casa per assistere in tv a un film di John Ford con John Wayne, il duca. Sono cresciuto con la tv in bianco e nero, quella che si vede su you tube o su “Da da da” in un’Italia che non c’è più ma sono cresciuto anche con quel sabato pomeriggio al cinema dove vidi Per un pugno di dollari con Clint Eastwood.
Papà era compagno di scuola di Sergio Leone e dopo Per un pugno di dollari lo rincontrò a Trastevere, il quartiere di Roma dove sono nato anche io.
Leone gli disse che stava preparando un altro film. Sì, oggi sappiamo tutti che era Per qualche dollaro in più ma l’enorme successo fece sì che Leone diventando una star cambiasse casa, vita e abitudini e andasse a vivere all’Eur. Anche se si resta gli stessi come Leone rimase, è inevitabile che qualcosa cambi nella vita quando si raggiunge una grande popolarità.
Comunque in quanto a cambiamenti, altro che case e quartieri, Leone ha davvero cambiato il western nel momento di stanca del genere dopo gli anni di gloria perché gli ha ridato linfa vitale in tutti i sensi, mentre c’era rimasto  Bloody Sam Peckimpah dall’altra parte dell’oceano.
Così Gino che incontrava sempre Leone dal barbiere, il barbiere di una volta dove si  parlava di donne- calcio-motori e  che oggi è quasi sparito perché sono tutti unisex, lo perse di vista.
Ma il ricordo che mio padre ha di Leone come compagno di scuola prima e amico di quartiere dopo, è forte ancora oggi come è forte in me per i film che vidi al cinema proprio con mio padre e quelli che ho visto da solo dopo, compreso Tex l’amico nei fumetti che leggo da una vita.


Prima di Inferno bianco hai diretto due corti, Boot Hill e Dear Peggy e un lavoro teatrale, Golden City, tutti western: ce ne parli?

Boot hill l’ho girato in Garfagnana (Toscana) e Capranica Prenestina (Lazio) (il comune più alto della provincia di Roma).
Un paio di anni prima avevo conosciuto Emiliano Ferrera, allora ero più giovane ed Emiliano un ragazzo, un pischello come diciamo dalle mie parti, ma c’era qualcosa in lui… era così netta, così forte… così inequivocabile che mi fece pensare di aver trovato un grande appassionato nel west ma anche un carissimo amico e così è stato.
Dear Peggy
invece è un corto civil war girato all’inizio degli anni 90  in un posto selvaggio di una villa di Roma chiusa al pubblico e spacciata come Wilderness.
Golden city
è un western teatrale ambientato in saloon. Chi ha detto che un western a teatro non si può fare? I precedenti ci sono, pochissimi a dir la verità, ma proprio perché c’era poco la cosa mi aveva subito affascinato.
Ho portato in scena tre volte Golden city in annate diverse, sono felice di averlo fatto con tutti gli attori che si sono avvicendati negli anni in scena e non è detto che sia finita qui.
Un grazie a Giovanni Moscato per l’edizione del 96, l’ha prodotta lui.


Tra cinema e narrativa: dei racconti del Baule qual è quello che ti piacerebbe far diventare un film? E qual è quello più adatto a una trasposizione cinematografica?

Certo tutto si può fare e il richiamo al cinema come ha scritto Gianni di Claudio nella prefazione del libro è fortissimo e lo ringrazio immensamente.
Del resto è vero il richiamo al cinema ma che io voglia trasformare uno dei miei racconti in un altro tipo di prodotto, non credo.
Quando scrivo qualcosa per un settore difficilmente cambia posto nel tempo, non amo farlo e di conseguenza non riesco a farlo, almeno fino adesso è andata così.  Per farti un esempio Inferno bianco è nato come film indipendente e difficilmente ci sarà una versione romanzo o racconto e viceversa. I racconti sono racconti e restano sul mio Il Baule nella prateria con forti evocazioni cinematografiche un percorso che è quasi all’incontrario, ma sono storie comunque mie.
Però sai com’è… mai dire mai, si fa sempre in tempo a cambiare idea so che molti film sono nati dai romanzi.

Stefano e i suoi primi due gioielli: il libro "Il baule nella prateria" e il film "Inferno bianco"


Narrativamente parlando, come nasce Inferno bianco?

Una sera reduce da un incontro con Emiliano dove avevo fantasticato sparatorie sulla neve, pensai ai diversi western imbiancati nel cinema e nei comics. Mi venne l’idea e in pochi giorni completai il tutto, ne parlai agli altri e partimmo come fulmini cominciando dagli interni. Quei pochi interni che ci sono nel film sono stati girati in piena estate con il camino acceso chiusi dentro il garage di Emiliano. Eravamo vestiti western e c’erano più di 40 gradi, un forno!
Inferno bianco è un lavoro estremo in tutto. Della neve, dei meno dieci sul Gran Sasso, lo sanno tutti, del resto che c’è di strano? E’ chiaro che in montagna fa freddo, meno frequente è girarci un western indipendente casomai.
Pochi comunque sapevano degli interni girati in piena estate con il camino acceso, perché la baracca, la cabin come direbbero i trapper, ma io la chiamo baracca per non usare nel film un linguaggio troppo da nicchia, è un rifugio provvisorio che i personaggi trovano durante la vicenda… brrrr che gelo! Ripariamoci qui dentro… Invece nella realtà era proprio un forno perché era luglio, non c’era un filo d’aria vicino a quel il camino fumante, ma ci siamo divertiti tantissimo.
Per gli esterni in montagna che sono il novanta per cento di Inferno bianco avremmo avuto modo di “rinfrescarci” nel gelo dopo, e si è visto è stato durissimo da girare in montagna ma è stata una grande avventura.





Hai scritto Inferno bianco sapendo già di andare a girare sul Gran Sasso o la scelta di questa location è nata dopo la stesura dello script?

No, assolutamente. Sapevo già di andare sul Gran Sasso, tenevo d’occhio la zona da circa dieci anni, “prima o poi qui debbo girarci qualcosa” così dissi anni fa, era troppo forte come location western, del resto lassù ci hanno girato in tanti nel cinema tradizionale.
A me mancava la storia e nel frattempo lavoravo a teatro, facevo altro, poi la storia è arrivata, ma il paesaggio d’Abruzzo in genere è sempre molto filmico.


Durante le riprese

Hai diretto il film insieme a Emiliano Ferrera, ed entrambi siete anche protagonisti attori. Come vi siete divisi tra regia e interpretazione?

E’ stato tutto spontaneo, ci siamo aiutati a vicenda, altrimenti, vista l’ambientazione estrema e la povertà di mezzi, nessuno dei due ce l’avrebbe fatta da solo.
Di solito il regista è uno ma l’idea ha funzionato perché Emiliano sapeva benissimo cosa volevo da lui e quando doveva lasciar fare a me e viceversa io sapevo benissimo quando dovevo lasciar fare a Emiliano, è stata la cosa migliore per il film, per entrambi, per tutti.
Ci siamo divisi tra regia e interpretazione con molta adrenalina e una certa dose da camaleonti facendo di necessità virtù. Inferno bianco ha tanti pregi ma anche i suoi limiti, è normale che sia così per gente partita dal portone di casa propria e non dai cancelli di Cinecittà o dalle stanze di qualche assessorato che ha erogato finanziamenti.
Chi li ha ben inteso, buon per lui, ma noi siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto.
Non sono un ipocrita, se trovassi finanziamenti non mi tirerei indietro nemmeno io, del resto esistono lavori finanziati e quelle auto prodotti. Poi se piacciono o meno è un altro discorso.



Emiliano Ferrera, co-regista e co-protagonista di "Inferno bianco"

Com'è stato dirigere il cast? Erano alla loro prima esperienza western? C'è un modo particolare di dirigere gli attori in un western rispetto a un film di altro genere?

Dirigere il cast è stato affascinante, duro (ho già detto delle asperità del territorio) e meraviglioso, perchè loro sono stati meravigliosi e questo al di là dei gusti personali che può avere il pubblico, vorrei solo dire che tutti hanno dato tutto” tra chi si è fatto tutta la neve dal primo all’ultimo giorno di riprese ad altri che hanno partecipato con un cameo e sono stati con noi un giorno solo.
Un gruppo molto unito, si sa da tempo del meraviglioso e tenero ricordo che ho di loro, chiedo sempre cosa fanno, come stanno, come vanno le loro vite e i percorsi nello spettacolo.
Sai, io sono abituato a stare con molta gente diversa, fa parte del nostro mestiere stare oggi qui domani là, oggi tutti insieme e domani con altri, lo so da venticinque anni, ma quando insieme si è stati molto, sì è condiviso molto e si è lottato in un viaggio estremo per raggiungere un obbiettivo fortemente voluto, è normale che resti un sorriso nel dopo. Non lo nascondo e non mi vergogno a dire che quando ho finito le riprese e giustamente ognuno è tornato alla sua vita, ho pianto perché mi mancavano tutti.
“E adesso io?”. Mi sembrava di essere nella situazione di Rod Steiger nel finale di Giù la testa. Poi ho visto che invece siamo qui  a rincorrere i nostri sogni mentre la vita va avanti come è andato avanti Inferno bianco con tutti gli eventi che ci sono stati dove hanno partecipato anche gli altri.
Permettimi di citare i miei compagni di viaggio di questa esperienza in montagna che oltre che artistica è stata un’esperienza umana straordinaria: Alessandro Grande, Eleonora De Bono, Emiliano Ferrera, Sebastiano Vento, Cosimo Fiore, Massimiliano Speranza, Alex Donato, Luisa Graneri, Marco Belocchi, Stefano D’Angelo, Mario Focardi, Tindaro Granata.


I protagonisti di "Inferno bianco". In piedi: Alessandro Grande, Alex Donato, Sebastiano Vento, Cosimo Fiore - Abbassata: Eleonora De Bono

Quali film hanno ispirato Inferno bianco, sia per la sceneggiatura che per la regia e l'ambientazione? Hai guardato più al western americano o al nostrano spaghetti?

Americano. Ovviamente se arrivasse negli States lo chiamerebbero spaghetti western indipendente perché è tricolore, per la nazionalità insomma, ma sono volutamente rimasto lontano dalle musiche filo morriconiane.
Come anima non credo che Inferno Bianco sia uno spaghetti western e anche Il grande silenzio a cui mi sono parzialmente ispirato, western italianissimo come nazionalità, dagli spaghetti western classici sembra essere  più lontano.
Altre ispirazioni ma sempre parziali, iniziali, perché Inferno bianco l’ho scritto in toto,  sono state L’Insaziabile, L’urlo dell’odio, Shining, ma ognuno può vederci quello che vuole, anche film a cui io non avevo pensato potrebbero essere pertinenti. Quelli a cui ho pensato invece li cito perché ormai li hanno individuati quelli che hanno scritto già sul film e lascio sempre agli altri la possibilità di cogliere alcune sfumature, io ho taciuto, sono stati gli altri ad evidenziare alcune ispirazioni.



Inferno bianco
è un film palesemente riuscito e ben fatto. Che riconoscimenti ha avuto?

Abbiamo vinto il festival di Tentacoli premio della giuria, una cosa bellissima, il resto è il finimondo che è successo e tutti quelli del cinema tradizionale che ci sono stati vicini, le proiezioni in tutta Italia e una sorta di effetto domino molto importante. Pupi Avati, Orchidea de Santis, Giulio Questi, l’incontro con Franco Nero al Cristhams Festival e il sorriso di Giuliano Gemma nel giorno del suo compleanno. Sono arrivate una marea di proiezioni, tantissimi articoli sulla stampa nazionale e locale. Che dire, molti volti dei personaggi del film sono ormai entrati nell’immaginario collettivo del cinema indipendente. Ma non sono qui a fare una sorta di auto celebrazione, solo a raccontare quello che è semplicemente accaduto e proprio per restare con i piedi per terra dico che il dvd di Inferno bianco non è che sia cambiato. È sempre lo stesso anche dopo il finimondo, con i suoi pregi evidenti e con i suoi limiti evidenti, ma è chiaro che con tutto il  casino che è successo come cassa di risonanza, qualcosa di buono dobbiamo aver combinato. So solo che se non avessi creduto in questo lavoro non sarei andato a girare in pieno inverno sul Gran Sasso.
Il film nel frattempo sta passando su diverse tv private, come Rete Oro e Tv Centro Marche.
Sull’altra domanda ti rispondo che io ho lavorato anche nel genere giallo come attore, ma non è detto per chi conosce poco questo mondo, che io debba per forza essere un giallista incallito. Alla fine è sempre una questione di esperienza, che ce ne ha di più, chi meno, chi sembra cucito per un ruolo piuttosto che per un altro. Poi siccome c’è anche l’immagine, ci sono volti da cui proprio non si poteva prescindere, vedi lo stesso Ethan una somiglianza impressionante ormai sanno tutti con chi, oppure Old Jack, il vecchio trapper. So solo che l’archeologo un po’ più civilizzato, colto, impacciato perché viene dall’est e avido, poteva evocarlo meglio Alessandro Grande piuttosto che uno degli altri. Questi sono solo alcuni esempi.


Secondo te il western, per poter rinascere, è giusto che, almeno inizialmente, si mescoli con altri generi? Mi viene in mente l'imminente Cowboys & Aliens che unisce il western alla fantascienza pura o Jonah Hex, western con venature steam-punk, o weird.

Io stesso sono artefice di un incontro dove l’horror (meglio dire le sue atmosfere) vengono a prendere una birra con il western perché seguo anche l’horror ma premetto che i film citati non li ho ancora visti, ho visto solo trailer. La tua frase però è emblematica “almeno inizialmente” hai detto, ecco… bisogna vedere in che misura avviene questo incontro, bisogna vedere se dopo l’inizio del film ha un senso parlare (nel bene o nel male) di western che incontra qualcun altro oppure no. Un conto è mescolarsi, altro è sparire totalmente ed essere sfrattati di casa. Credo sia è sempre una questione di proporzioni poi il film può essere bello lo stesso ben inteso, io amo tutto il cinema, ti ho dato una risposta da westernista, diciamo così , da malato del genere in quell’ottica lì.
Cowboys & Aliens anche se all’inizio ho capito che non sarebbe stato come il mondo dei robot, dove la parte western comunque  rimase abbastanza corposa, potrebbe essere bello anche se la parte western fosse pochina, chi può dirlo questo?
Mi arrivano commenti discordanti su Jonah Hex, chi dice intrigante, chi dice per carità una sorta di play station, dopo averli visti entrambi avrò le idee più chiare.


Hai altri progetti western in mente o in sviluppo, sia narrativi che cinematografici?

Lavoro a fari spenti…posso solo dirti una cosa: se scriverò, girerò, o porterò in scena un altro western sarà ambientato a casa sua  perché fuori da quel contesto non mi interessa parlare di western. Se deve essere fuori farei altro, perché già avrei fatto altro dal western ambientandolo in Cile, sul Caucaso o a New York e poi mi sembra troppo comodo, insomma la penso così, starei girando/scrivendo un film/romanzo d’azione, il western ormai sarebbe lontano nonostante certi meccanismi lo rendano riconoscibile e lo citino in qualche modo. Poi ovviamente ambientare tutto nel posto e nel tempo giusto non è garanzia di sicura riuscita perché non basta, non è automatico, è sopratutto la storia che deve funzionare come in ogni cosa.


Chi volesse vedere Inferno bianco cosa dovrebbe fare?

Può fare la donazione e avrà il dvd, basta scrivere al sottoscritto, non appena sarò in grado di riorganizzarmi le proiezioni continueranno come sempre.
Vi aspetto anche con il mio nuovo libro Avrei voluto essere ucciso da Clint Eastwood, i pensieri nel west. Il libro è ordinabile in rete, sul sito della Aletti editore oppure a Roma libreria Mangiaparole. L’ho dedicato a Clint Eastwood, a tutta la sua carriera, da quello Leoniano con il sigaro e il poncho a quell’ombra rugosa sotto la pioggia pronta a fare un massacro come ne Gli spietati come già segnalato da te agli amici di Western Campfire.


Bene, caro Stefano. E' stata una bellissima intervista e sono orgoglioso di poterla ospitare sul blog e di averne avuto l'"esclusiva". Ti ringrazio per il tempo e la cortesia concessami e spero che in futuro ci saranno altre occasioni di replicare questo incontro virtuale.

Grazie a te a tutti quelli che passeranno di qui. Spero anche di continuare a fare cose che con il western non c’entrano nulla come è avvenuto per i film Il marito perfetto di Lucas Pavetto  e Random di Emiliano Ferrera. Sono in attesa di vederli perché ho partecipato a due lavori molto interessanti, ma per il western sì… Tornerò!!

"Per il western sì… Tornerò!!"

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