mercoledì 19 maggio 2021

"1867: Skull Eater Campaign" di Tim Curran [recensione]

Dalle tipografie digitali dell'editore Dunwich, sempre in prima linea nel campo dell'horror, è uscito da pochissimo, in omaggio per gli iscritti alla loro newsletter, questo romanzo breve di Tim Curran, intitolato 1867: Skull Eater Campaign. Originariamente questa novella faceva parte della raccolta western-horror Four Rode Out, pubblicata (solo in inglese) nel 2010, ma adesso - nell'ordine del recupero delle opere di Curran che a quanto pare Dunwich sta portando avanti - è stata resa disponibile anche per i comuni mortali italiani, che ogni santa volta devono fare i salti mortali carpiati pur di recuperare qualcosa di western-horror!
Per quanto riguarda l'autore, di sicuro è sinonimo di garanzia. Dalla sua penna e dai traduttori di Dunwich uscì qualche tempo fa Skin Medicine (segnalato qui), cruento horror ambientato nel West minerario e che colpevolmente ho dimenticato di recensire (vedrò di rimediare appena posso, ma dovrò rileggerlo), ma lo stesso editore ha diversi altri horror contemporanei di Cullan che in America è molto ben considerato e anche qui da noi gode di un certo apprezzamento (almeno a giudicare dai commenti sui social).
Questo suo nuovo lavoro (nuovo per il mercato e i lettori italiani, ovviamente) è, devo ammetterlo, il migliore dei suoi western-horror finora. Ma di cosa tratta? È la vicenda di un drappello di soldati, guidati dallo scout Boone McComb e dai suoi fidati esploratori indiani (in particolare Cinque Lupi dei Crow più due Osage), in missione per catturare o uccidere un gruppo di Sioux colpevole di un orrendo massacro. Ma in realtà quello che stanno inseguendo è qualcosa di ben peggio di un pugno di indiani...
Skull Eater Campaign è una vera e propria festa dell'horror e dello splatter. Tra la neve e le tempeste sulle montagne, i soldati hanno a che fare con qualcosa di mai visto prima, qualcosa di soprannaturale ma, peggio ancora, qualcosa di una ferocia e violenza inaudite. Una maledizione indiana ha riportato in vita uno stregone Sioux vissuto duecento anni prima, che ha radunato veri e propri zombie cannibali (messi insieme con varie parti umani e animali e chissà cos'altro) in un esercito (armato) senza nessun freno, un ostacolo insormontabile per i pochi soldati male equipaggiati. La loro campagna contro gli indiani si rivelerà quindi oltre i loro limiti, fino ad un finale ancor più ricco di orrore.
In un'atmosfera sapientemente costruita (dall'ambientazione esterna innevata e ostile - tra cimiteri indiani e lugubri bivacchi - fino a quella "interna" attraverso gallerie, cunicoli e grotte) la scrittura di Curran è un pugno nello stomaco ma forse un po' troppo ricca di metafore e descrizioni astratte che in alcuni punti si rivelano ripetitive. Ma nonostante ciò la lettura è coinvolgente, e secondo me la vicenda è molto più interessante di quella di Skin Medicine, probabilmente perchè concentrata in un centinaio di pagine, mentre nell'altro romanzo a mio parere ci sono numerose lungaggini, specie nella prima parte.
L'orrore concreto presente in questo Skull Eater Campaign nelle vesti di indiani zombie permette all'autore un'alta concentrazione di momenti gore e splatter, con il suo culmine nella descrizione delle caverne nella parte finale del romanzo, dove viene presentato un campionario di orrori degno di Robert Howard. E a proposito di riferimenti e citazioni, se (come spero) avete visto il film Bone Tomahawk (qui la mia recensione), noterete alcuni elementi molto simili in comune con la novella di Curran, sebbene sia stato probabilmente Zahler (sceneggiatore e regista di Bone Tomahawk) a prendere spunto da Curran e non viceversa.
Skull Eater Campaign è un solidissimo western-horror, una vicenda che rientra appieno nell'immaginario di questo genere molto poco sfruttato (nel Bel Paese), dove l'immancabile maledizione indiana porta ad una escalation di violenza e sangue che non deluderà l'appassionato, anche se è alla ricerca del solo splatter.
Grazie all'editore Dunwich questa piccola perla non corre più il rischio di non essere apprezzata.

Nessun commento:

Posta un commento